giovedì 1 dicembre 2011

"Champion" Jack Dupree

"Champ era come il suo blues:
semplice, senza inibizioni,
privo di orpelli inutili e aggressivo".
(Duncan P.Schiedt)



Cantante, pianista e ballerino, oltre che pugile di buona fama,
carattere cinico, ironico, beffardo, a volte anche arrogante e stizzoso, il Campione è stato un personaggio ruvido e difficile che ha condotto una vita avventurosa senza mai arretrare di un passo.
Figura storica del pianismo blues, fino agli anni novanta Jack Dupree è stato l'ultimo rappresentante dei maghi della tastiera provenienti dal crocevia razziale di New Orleans e quindi emersi da quella variopinta cultura popolare in cui la superstizione della religione si fonde con i riti pagani e animisti di antica matrice africana e la povertà dell'emarginazione convive con la ricchezza del vizio.
William Thomas Dupree nasce a New Orleans il 23 luglio 1909. E' di sangue africano, pellerossa e franco-creolo e la sua vita è segnata fin dall'inizio dal razzismo più intransigente e violento: la madre, una Cherockee, viene brutalmente e barbaramente assassinata dal Ku Klux Klan.
Come un altro grande della musica nera anch'egli nato nella Novella Orleans, Luis Armstrong, Dupree cresce alla Colored Waifs'Home For Boys, un orfanotrofio per neri.

E' proprio qui che impara a suonare il pianoforte ed è ancora un adolescente quando inizia ad esibirsi dove gli capita in cambio di pochi spiccioli e un pasto, ma con la possibilità di vedere suonare da vicino i grandi mostri sacri dell'epoca come Will Hall detto "Drive'em Down", Big Fat Charlie, Kid Stormy Weather e "Archibald" Leon Gros.
In breve tempo diventa una presenza fissa seduto alle tastiere dei bordelli e dei bar del quartiere francese a luci rosse della Crecent.

Attorno al '30 lascia New Orlens per Chicago dove si esibisce nelle feste private e nei club ma nella Windy non si trova a suo agio e dopo un anno trascorso sopratutto a vendere whiskey clandestino e a suonare al Continantal Cafè decide di puntare su Detroit.
La musica però passa in secondo piano di fronte ad una brillante carriera da pugile che intraprende dalle parti di Indianapolis.
In tutto sale sul ring più di cento volte e diventa campione dei pesi leggeri dell'Indiana (ecco spiegata l'origine del soprannome).

Dopo qualche tempo trascorso al Cotton Club di Indianapolis dove fà l'intrattenitore e il comico finalmente nel '40 decolla la sua carriera musicale con Lester Melrose che lo porta in studio di registrazione a Chicago per la OKeh e già dall'inizio il suo stile sembra essere un vero anello di congiunzione tra il vecchio pianismo barrelhouse del passato ed i suoni più moderni.
Nel '42 Jack viene arruolato e mentre fà il cuoco nel Pacifico viene catturato dai Giapponesi e trascorre due anni in un campo di concentramento.
Dopo la guerra si stabilisce a New York dove registra per diverse etichette come la Savoy e la King, continuando con l'unico mestiere onesto che ha imparato a fare oltre alla musica e cioè cucinare,infatti era anche un ottimo cuoco specializzato nella cucina creola.
Nella trentina di brani che incide tra il '53 e il '55 c'è anche Walking The Blues che raggiunge il sesto posto nelle classifiche R&B.
Alla fine degli anni cinquanta arrivano le incisioni per la Groove e la Vik e nel '59 arriva in Europa, prima a Parigi, poi a Zurigo.
Il vecchio continente gli piace e si stabilisce prima in Danimarca e poi in Inghilterra prima di scegliere definitivamente la Germania a metà degli anni settanta. Nel frattempo lavora per diverse etichette di blues europee con risultati artistici altalenanti ma esibendosi ovunque gli sia possibile, costruendosi così un nutrito seguito di fans che gli consente di vivere con una discreta agiatezza.
Non volta però definitivamente le spalle agli Stati Uniti, ci torna infatti nel '90 per esibirsi al Jazz & Eritage festival di New Orleans e registrare Back Home In New Orleans per la Bullseye. Nel '91 arriva il seguito dal titolo premonitore: Forever And Ever: quell'album diventerà il suo testamento artistico.
C'è ancora tempo per un acclamata partecipazione al festival della Crecent ed una al Chicago Blues Festival, poi arriva l'epilogo della sua vita avventurosa.
Il Campione viene mandato al tappeto dal cancro e lascia per sempre il ring ad Hannover il 21 gennaio del 1992.

Da indomabile istrione ha sempre parlato della sua musica, ma sempre poco volentieri della sua vita e del suo passato di dolore, di povertà, di umiliazioni. Si era lasciato alle spalle tutto questo addirittura scegliendo l'esilio, che per lui significava sopratutto distanza da una terra che gli ricordava la sofferenza.
Il Campione ha però portato fino ai giorni nostri suoni spumeggianti profumati di aromi antichi che nelle taverne buie e pericolose della Crecent City di inizio '900 aveva condiviso con pianisti mitici i cui nomi sono ormai andati irrimediabilmente persi nella nebbia del tempo.


Il suo repertorio rifletteva una una profonda conoscenza del blues e delle sue diramazioni e la sua voce vissuta era in grado di affrontare tutte le sfumature dell'anima.
Gli ultimi due dischi incisi a ottant'anni suonati dimostrano la validità e la sincerità del suo messaggio nonchè la saggezza tracciata nelle rughe del volto che nemmeno la gigionesca corona e gli abiti sgargianti riuscivano a sminuire.
Attraverso i suoi dischi si può ripercorrere buona parte del cammino della musica afroamericana del secolo scorso e nemmeno le migliaia di chilometri di distanza dai luoghi di origine del blues hanno iquinato più di tanto il suo stile.
Un vero Campione...









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